La cucina giapponese è quella che rappresenta la miglior esperienza sensoriale completa: una delizia per occhi, naso e palato. E' una cucina unica, che desidera esaltare piuttosto che manipolare le proprietà degli ingredienti sempre naturali e freschi, a cui abbina l'armonia e la grazia della presentazione tramite le splendide stoviglie su cui gli alimenti sono presentati.
Inizialmente i ristoranti giapponesi erano frequentati soprattutto da persone che erano state in quel Paese o da uomini d'affari giapponesi desiderosi dei sapori di casa; oggi invece la sua cucina ha visto aumentare a dismisura i suoi estimatori e si è guadagnata un posto di rilievo internazionale perchè le persone desiderano cibi più salutari a basso tenore di zuccheri e grassi e il cibo giapponese diventa, per questa ragione, sempre più popolare e con ingredienti facili da reperire.
Circondati dal mare, gli abitanti del Giappone traggono da questo gli alimenti base della loro dieta come l'alga e una nutrita varietà di pesci e molluschi.
Un detto giapponese dice che si dovrebbe sempre includere in un pasto qualcosa che viene dal mare e qualcosa dalla campagna: la campagna viene rappresentatata dalle verdure e dall'ingrediente principale, il riso.
Si mangiano anche carne e pollame, ma importante è invece l'umile soia, da cui si ricava un formaggio ricco, il tofu, il miso, una pasta fermentata utilizzata per zuppe e come condimento, e un'onnipresente salsa.
Parte fondamentale del pasto giapponese è la presentazione delle pietanze: i giapponesi pongono gran cura nei dettagli e negli abbinamenti di colore e forma diversi. Ceramica, porcellana e bambù sono i materiali principali che usano per le stoviglie che raccolgono i cibi.
Non è difficile preparare in casa propria i piatti della cucina giapponese: basta comprenderne la versatilità dei pochi alimenti e il modo di comporre il piatto. I metodi di cottura utilizzati sono molto semplici.
UN PO' DI STORIA
La cucina giapponese di oggi è il risultato di millenni di influenze culinarie esterne ma rielaborate e adattate al gusto locale.
La coltivazione del riso, di probabile origine cinese, avvenne intorno al 300 a.C e sino ai primi anni del ventesimo secolo veniva usato per pagare tributi, considerato anche un genere di lusso tra i contadini che si nutrivano prevalentemente di orzo, grano saraceno e altri tipi di granaglie.
Verso la fine del VII secolo, il latte e la carne erano alimenti consumati normalmente dai giapponesi ma l'avvento del buddismo, ne limitò l'uso.
L'influenza cinese continuò per altri tre secoli. I giapponesi impararono dai cinesi a preparare il formaggio di soia ed a usare i bastoncini.
La Cina poi, è la patria della salsa di soia, che pare sia nata nel continente asiatico nel VIII o nel IX secolo, e nel IX secolo fu introdotto dalla Cina il tè.
La cucina giapponese iniziò a svilupparsi nel periodo Heian, quello che va dal 794 al 1185, quando la capitale divenne Kyoto, insieme a interessi letterari e artistici della popolazione aristocratica.
Le cene eleganti venivano integrate con spuntini brevi; oggi, il kyo ryori, la cucina di Kyoto è diventata un'autorità nei pranzi giapponesi, e il kaiseki, un assortimento di cibi prelibati, ne è un esempio.
Il buddhismo zen, nel 1885, insieme allo stile samurai, favorirono una cucina più semplice ed austera. Il vitto vegetariano, lo shojin ryori, dei templi buddhisti, predilige porzioni piccole ma con un'ampia scelta di cibi cucinati con uno dei cinque metodi standard.
Le linee guida dello shojin ryori enfatizza i cibi dai cinque colori, verde, rosso, giallo, bianco e porpora scuro e dai sei gusti, amaro, acido, dolce, piccante, salato e delicato.
Questa linea guida è molto importante e si è tramandata sino ad oggi.
Il periodo Edo,dal 1603 al 1857, vede il Giappone isolato per almeno tre secoli dal resto del mondo, concentrato su se stesso e sviluppando gradualmente una classe mercantile raffinata e prosperosa atta a soddisfare i propri gusti sofisticati nell'alimentazione e nelle arti.
Prolificarono in questo periodo i ristoranti specializzati in spaghetti, e che servivano un piatto nuovo il nigiri-zushi, un riso condito e avvolto in alghe tostate.
Il periodo Meji, dal 1868 al 1912, riapre i contatti del Giappone con l'esterno; si riabilita il consumo della carne di manzo, e si vede crescere la curiosità e l'interesse verso cibi stranieri come il pane, il curry, il gelato, il caffè e le crocchette.
Nonostante i puristi si siano lamentati che la cucina giapponese abbia avuto un tracollo nel momento in cui apparve il cuociriso elettrico, la zuppa di miso istantanea e il brodo dashi granulare, con altre preparazioni già pronte, l'amore dei giapponesi per la cucina tradizionale non è mai tramontato.
Si è evoluta nel momento in cui è sopravvenuto il desiderio
di adattare alle influenze straniere i gusti locali, creando un mix
unico di elementi orientali e occidentali, come ad esempio il gelato al
tè verde, le patatine al sapore di alghe o gli spaghetti con uova di
merluzzo.
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La cha-no-yu, la cerimonia del tè, vide la sua nascita nel XV secolo, e la sua forma originaria poneva l'enfasi soprattutto sull'esposizione di oggetti artistici cinesi.
Questa cerimonia diede vita a due piccoli pasti della cucina giapponese; il leggero cha kaiseki prima della cerimonia, e il wagashi composto di dolci tradizionali.
Oggi il wagashi è soprattutto un piatto di dolci leggeri molto zuccherini offerti per mitigare il sapore del te verde, molto amaro, servito nel pomeriggio.
A causa del forte legame che unisce il wagashi alla cerimonia del tè con l'antica aristocrazia, spesso i dolci hanno nomi che alludono alla poesia e alla letteratura di un passato remoto.
Ci sono wagashi adatti ad ogni periodo dell'anno, ma la maggioranza ha carattere stagionale come il sakura mochi, un dolce di riso color rosa ciliegia, farcito di conserva di fagioli e avvolto in una foglia di ciliegio che si gusta in primavera. Un dolce simile, il kashiva mochi, avvolto invece in foglia di quercia, si gusta invece a maggio.
Il fogliame autunnale viene imitato in ottobre, mentre profili di montagne innevate in inverno.
In gennaio invece appare l'animale zodiacale dell'anno.
Sakura mochi
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DOLCE E AMARO
La cha-no-yu, la cerimonia del tè, vide la sua nascita nel XV secolo, e la sua forma originaria poneva l'enfasi soprattutto sull'esposizione di oggetti artistici cinesi.
Questa cerimonia diede vita a due piccoli pasti della cucina giapponese; il leggero cha kaiseki prima della cerimonia, e il wagashi composto di dolci tradizionali.
Oggi il wagashi è soprattutto un piatto di dolci leggeri molto zuccherini offerti per mitigare il sapore del te verde, molto amaro, servito nel pomeriggio.
A causa del forte legame che unisce il wagashi alla cerimonia del tè con l'antica aristocrazia, spesso i dolci hanno nomi che alludono alla poesia e alla letteratura di un passato remoto.
Ci sono wagashi adatti ad ogni periodo dell'anno, ma la maggioranza ha carattere stagionale come il sakura mochi, un dolce di riso color rosa ciliegia, farcito di conserva di fagioli e avvolto in una foglia di ciliegio che si gusta in primavera. Un dolce simile, il kashiva mochi, avvolto invece in foglia di quercia, si gusta invece a maggio.
Il fogliame autunnale viene imitato in ottobre, mentre profili di montagne innevate in inverno.
In gennaio invece appare l'animale zodiacale dell'anno.
Sakura mochi
Kashiva mochi
STILI REGIONALI E CIBI STAGIONALI
Le cucine regionali vengono influenzate dal clima estremo del Giappone: dal freddo intenso (isola Hokkaido) a quello caldo subtropicale (isole Okinawa).
A Hokkaido, con un clima così poco favorevole alla coltivazione del riso, la popolazione consuma patate, latticini, mais, carne alla griglia e salmone.
Gli spaghetti locali, i sapporo ramen, prevedono spesso una noce di burro; l'onabe, è un piatto unico di pesce, con granchi, frutti di mare e salmone, una specialità locale molto consumata.
Nella zona del Kansai si consuma molto la zuppa di soia fermentata; la sua cucina è molto leggera e delicata.
Nagoya, a metà strada tra Tokyo e Kyoto, è famosa per la pasta udon e per l'uiro una gelatina dolce di riso. Gli udon sanuki sono preparati con la pasta udon, sardine fresche e mandarini.
L'isola Kyushu è invece famosa per il tè, la frutta e i frutti di mare.
A Nagasaki, i turisti prediligono il consumo del pan di spagna kasutera, gustoso al pari di quello europeo.
Nelle isole subtropicali di Okinawa sono apprezzati i piatti a base di maiale e sono molto popolari i dolci a base di zucchero grezzo, ananas e papaya oltre a diverse bevande molto forti come lo awamori, un fermentato a base di batata, il sakè di habu, un liquore venduto dentro una bottiglia dove è arrotolato il velenosissimo serpente habu.
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Un aspetto peculiare della cucina giapponese è l'attenzione prestata alla stagionalità dei cibi: ogni alimento viene consumato nella sua stagione, e così, i giapponesi riescono ad essere sempre in armonia con la natura e i cibi sono sempre freschissimi.
Durante l'anno si festeggiano molte festività con prelibatezze stagionali: gli gnocchi di riso per le feste di settembre in cui si osserva la Luna, o il sakè dolce per le feste delle bambine o durante il festival delle bambole...
Il più importante menù stagionale è quello dell'osechi ryori che comprende una vasta scelta di piatti speciali serviti durante la prima settimana dell'anno nuovo. Nonostante i menu possano variare da famiglia a famiglia, il menù comprende salsicce di pesce kamaboko, con decorazioni di bambù, susine e pino, alghe kombu arrotolate e legate con strisce di zucca essiccata, fagioli neri lessi, uova di aringa, castagne in pasta di batata, carote a listarelle e radicchio bianco con diti con aceto dolce e radice di loto sottaceto.
Le verdure vengono cotte lessate in una salsa di soia o nel brodo dashi. Viene servita anche una saporitissima crema d'uovo cotta a vapore chiamata chawan-mushi.
Accompagnano questi piatti delle focacce, le omochi, fatte con il riso e grigliate oppure lessate in una zuppa detta o-zoni. Per tradizione le o-zoni e le o-mochi vengono servite la mattina di Capodanno.
Oggi però la tradizione di fare queste focacce di riso viene osservata soltanto nelle campagne.
Le o-mochi vengono preparate con un riso speciale, molto glutinoso, che, ancora bollente, viene pressato e ridotto successivamente in tante gallette che vengono grigliate o lessate.
Al giorno d'oggi vengono surgelate per averle sempre pronte in occasione di un evento speciale.
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Primavera
L'arrivo della primavera viene salutata nel momento in cui spuntano i fiori di ciliegio e nei migliori ristoranti giapponesi viene spesso servita una tazza di tè ai fiori di ciliegio; la bevanda è chiara e leggermente acidula su cui galleggiano diversi fiori.
Le feste che si organizzano in questo periodo, per vedere le fioriture dei ciliegi sono imperdibili; sotto le fioriture profumate si consumano prelibatezze che vengono servite dentro scatole laccate e vengono privilegiati il bere e il cibo
I germogli di bambù sono un'altra squisitezza primaverile come i pesci bonito e i fiori di colza.; la primavera è il periodo in cui gli amanti della natura si recano nelle foreste per cercare piante selvatiche commestibili come il warabi, germogli di felce acquilina e gli zenmai, germogli di felce pulsante.
Estate
In estate si consuma l'anguilla, il polpo, dell'aliotide e di frutta e verdura; il cibo favorito di questo periodo è l'edamane, dei fagioli di soia freschi lessati, spolverati di sale, che vengono tenuti in bocca mentre si sorseggia una birra nelle serate estive.
Altra prelibatezza: i noodles freddi accompagnati dal dashi e da una crema di salsa di soia.
Autunno
Tempo di cachi, di caldarroste, dei noodles soba preparati con grano saraceno appena raccolto e macinato e di funghi, come i matsutake, una varietà molto profumata e molto costosa.
Verso la fine dell'autunno i giapponesi si dedicano a conservare il raccolto di verdure che servirà loro per l'inverno: i conservanti più usati sono il miso, la pasta di soia fermentata, l'aceto, il sale o la crusca di riso.
Inverno
Durante l'inverno è d'uso consumare il sashimi di fugu, striscioline di pesce palla crudo che possono essere letali se il veleno presente nel fegato e nelle ovaie non viene correttamente eliminato da un cuoco esperto.
Si mangiano poi mandarini e l'onabe, uno stufato ideale per riscaldare il corpo durante i rigori dell'inverno.
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O-BENTO: IL PRANZO MOBILE GIAPPONESE
L'o-bento è un'istituzione giapponese: è un pranzo in scatola composto da riso bianco accompagnato da piccole porzioni di verdure, carne, pesce, uova e frutta e da una susina sotto conservanti, il tutto sistemato in una piccola scatola rettangolare.
I giapponesi pensano che la susina favorisca la digestione e conservi fresco il riso; se non è disponibile, un o-bento può essere costituito da una susina rossa sistemata al centro del riso bianco e si chiama hinomanu bento, ovvero 'il pranzo della bandiera del Sol Levante'.
Essendo un pasto composto di porzioni piccole e di una varietà bilanciata di alimenti, l'o-bento può essere un rito lungo: non di rado una mogie e madre si può alzare alle 5 del mattino per friggere bocconi di pollo, preparare omelette o comporre con alghe e verdure musi di animali...
Gli ekiben, gli o-bento commerciali, vengono distribuiti in quasi tutte le stazioni del Paese e la loro composizione varia da regione a regione; a Takasati, una regione nota per la produzione delle bambole, vengono venduti in piccole ciotole di plastica rossa a forma di bambolotto, duma, con la copertura di plastica che ricorda la faccia del Bodhidharma, colui che introdusse in Giappone il buddhismo zen.
E' un tocco locale caratteristico che ha reso famosi gli ekiben di Takasaki.
ESEMPI DI O-BENTO
![e-obento](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtixS-cpH36MOb0ZObURcnh5aJAzX2qt7ZObSVwhrZQrJR0Hdyr4InN8lhhqulvjdF5v2j4vhHFz4tjOtnLype9uVE3hPom8bQ2szBFX38LEffhyphenhyphenpQ4oHxBWJBVLRgkhvUL6rO5K4OyAWF/s1600/e-obento.jpg)
METODI DI COTTURA E UTENSILI
Anche se oggi, l'avvento della modernità, ha dotato le cucine giapponesi di numeroso elettrodomestici, la maggior parte dei cuochi preferisce ancora utilizzare gli oggetti di bambù, come i colini per scolare i noodles, la stuoia per arrotolare e e il cestello per la cottura a vapore.
Le stuoie di bambù, si usano per arrotolare le alghe con il riso, le omelette, o per strizzare le verdure cotte, ma anche per varie altre operazioni.
I cestelli per la cottura a vapore, a più strati vanno posti dentro una grossa casseruola o in un wok di acqua bollente.
In una cucina giapponese non mancheranno mai un mortaio e un pestello, che si utilizza soprattutto per pestare i semi di sesamo, ingrediente fondamentale di molte salse e condimenti.
Altri oggetti importanti sono la grattugia per i ravanelli, lo zenzero e il rafano, un wok per friggere, tegami in coccio e diversi coltelli affilati per tagliare carne, verdure e il pesce da sashimi.
Ma l'utensile più significativo è lo shamoji, il cucchiaio di legno, che si usa per servire il riso ed è il simbolo dell'autorità domestica.
Quando una donna anziana cede il suo cucchiaio di legno alla nuora, esprime simbolicamente il desiderio di cederle la gestione domestica e manifesta l'opinione che la giovane ha superato il 'periodo di prova'.
I giapponesi non dividono le ricette in base agli alimenti ma secondo il loro metodo di cottura.
I piatti dunque, si dividono in grigliati, al vapore, scottati o trattati con l'aceto.
E' un sistema non certo familiare agli occidentali, ma è bene saperlo se si vuole gustare un vero pasto giapponese o se si desidera prepararlo con tutti i crismi.
Nel pasto giapponese si segue una scansione precisa: all'inizio va servito il pesce crudo, minestre chiare e antipasti.
A metà del pasto arrivano diversi piatti di pesce, carne, pollame e verdure fritte, grigliate o cotte al vapore.
Ma ogni metodo di cottura viene utilizzato una sola volta; se viene fritto il pesce, le verdure dovranno essere scottate in brodo saporito; se la carne è grigliata, l'insieme di uova e altre delizie andrà cotto al vapore.
Per i giapponesi la moderazione è una virtù: meglio pochi piatti fatti ad arti che troppi meno che perfetti.
PRESENTARE I CIBI
In tutte le occasioni dei pasti, sia in casa che al ristorante, i piatti vengono serviti tutti insieme.
Solo nelle occasioni formali i cibi seguono un ordine di arrivo, sempre secondo il metodo di cottura e si termina con riso, minestra, condimento, tè verde e frutta fresca.
La presentazione dei piatti è l'occasione per il cuoco di esprimere la propria creatività e immaginazione: un turista tedesco di fine secolo disse 'non si va a tavola come in Occidente, è la tavola che arriva dalla cucina già pronta con i piatti'.
Ogni commensale avrà un proprio vassoio con una serie di ciotole e piatti e bastoncini, che a differenza di quelli cinesi sono piuttosto appuntiti.
Le stoviglie variano con le stagioni, regola valida sia per i ristoranti che per le case private; le minestre e il riso verranno servite sempre i ciotole tonde di lacca con il coperchio, mentre i cibi fritti andranno sistemati nei cestini.
In linea generale gli alimenti rotondi, tipo gli involtini di carne o di radice di loto, si servono in piatti rettangolari o rotondi, mentre gli alimenti di forma quadrata si servono in piatti tondi.
Ma non aspettatevi di trovare solo queste forme: la creatività giapponese è tale che non ci saranno solo piatti e terrine rotondi o quadrati o rettangolari, ma anche esagonali, a semicerchio, a forma di ventaglio, di conchiglia o di foglia.
Le stoviglie sono una parte fondamentale dell'effetto estetico complessivo.
Altrettanto importante è la decorazione dei cibi in Giappone.
Le foglie di kinome, o un rametto di foglie e germogli di shiso, una pallina rossa di ravanello, un po' di peperoncino rosso sminuzzato sono tutti elementi essenziali di una portata, e nella maggior parte dei casi sono commestibili.
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